Il tradimento

 Il Tradimento

(Solo chi è leale con se stesso può esserlo con gli altri.
Erich Fromm)

Quando si pensa al tradimento una gran parte della popolazione tende a pensare ad una relazione di coppia dove un partner tradisce fisicamente l’altro. Altre persone quando pensano al tradimento pensano ad un rapporto amicale/fraterno come quello di Giuda nei confronti di Gesu’ Cristo. Altro tradimento celebre è quello che avrebbe perpetrato Bruto nei confronti di Cesare. A quest’ultimo viene infatti attribuita la frase: “Tu quoque Bruto, fili mi”! Con Bruto (figlio di Cesare) che partecipa all’uccisione di suo padre.

Allargando la prospettiva potremmo chiederci “cos’è il tradimento” e come potremmo dargli una descrizione sistemica, che tenga conto della complessità di questo tremendo vissuto? Partiamo dalla dimensione individuale: consideriamo il problema vissuto dalla persona, ovvero il senso di tradimento. Quest’ultimo genererebbe all’interno della nostra mente un conflitto intrapsichico non indifferente: “una persona di cui mi fidavo e/o a cui voglio bene mi ha ferito. La persona a cui avevo dato la mia fiducia mi si è rivoltata contro, facendomi sentire estremamente esposto e vulnerabile fino a ferire una parte profonda di me”.  Ecco allora che da questo vissuto personale si genera un conflitto nella relazione, uscendo quindi da una dimensione prettamente individuale per passare a quella relazionale: “Come è possibile che fino a poco fa eri mio amico/fratello o compagno/marito/moglie/genitore/figlio e avevi dichiarato di amarmi o volermi bene, mentre ora mi ferisci così profondamente fino a farmi sentire profondamente fragile e vulnerabile?” Questa grande incongruenza comunicativa e relazionale ci riporta quindi al conflitto intrapsichico andando ad alimentare un circuito potenzialmente senza fine che vede coinvolto non solo il vissuto personale, ma anche la relazione con gli altri.

Come mai ci sono persone che non hanno bisogno di un supporto psicologico e altre persone che restano incastrate in questa sofferenza fino a generare dei sintomi come ansia, depressione, uso di sostanze?

Chi riesce a superare autonomamente questo trauma è riuscito a spezzare questo circolo vizioso che passa da una dimensione individuale ad una relazionale. Dentro di sé ha sviluppato le risorse necessarie, oppure il suo sistema primario di riconoscimenti affettivi gli ha fornito quelli che potremo chiamare dei buoni anticorpi per combattere questo conflitto interiore e mantenere salda la propria immagine di sè.

Viceversa, le persone che non riescono a uscire da questa sofferenza spesso hanno alle spalle quelli che potremmo definire traumi relazionali che vanno elaborati con una psicoterapia per aiutare il paziente a trovare delle risorse interiori che gli permettano di superare questi nuovi ostacoli. Si cerca quindi di capire come e dove si sono appresi questi modi di gestire le difficoltà relazionali, da dove arrivano eventuali convinzioni disfunzionali,  per poi elaborare insieme strategie su misura per la persona