La potenza terapeutica del colore

Colore… quando si parla di colore tecnicamente si fa riferimento a semplice luce monocromatica proiettata , ossia di onde elettromagnetiche di diversa lunghezza e intensità capace di infinite variazioni cromatiche.

Tralasciando gli aspetti più tecnici, la suddetta luce si traduce ai nostri occhi come colore forte, scuro acceso, chiaro, smunto, brillante, oppure allegro, tetro, triste, rilassante…

Notato niente? Allegro, tetro, triste e rilassante sono aggettivi che si riferiscono non tanto a caratteristiche fisiche del colore in sè quanto agli stati d’animo che esso produce in colui che lo guarda! Ebbene si! I colori, spesso considerati quali semplici orpelli stilistici, sono invece in grado di modificare i nostri stati d’animo favorendone uno piuttosto che un altro. Niente male per essere semplice luce che raggiunge i nostri occhi!

Cosa succede quando la luce raggiunge i nostri occhi?

La luce, sotto forma di impulsi nervosi,raggiunge sia la corteccia cerebrale visiva (dove avviene anche la percezione del colore) sia l’ipotalamo (posto al centro dell’encefalo). L’ipotalamo partecipa alla regolazione dell’omeostasi del corpo, intervenendo nel controllo di alcune delle principali funzioni vegetative: metaboliche, respiratorie, circolatorie, digestive. L’ipotalamo inoltre controlla il ricambio idrico e la termoregolazione e interviene sul metabolismo lipidico e glucidico. Esso interferisce anche con l’attività delle ghiandole endocrine del cervello: l’ipofisi (ghiandola pituitaria) e l’epifisi (ghiandola pineale) che, a loro volta agiscono su tutte le ghiandole del sistema endocrino. Insomma vedete come attraverso la visione dei singoli colori si trasmetta all’ipotalamo un’informazione in grado di influenzare il nostro funzionamento fisiologico. Ma non è finita qui! La visione di colori, passando attraverso la corteccia cerebrale, induce anche effetti psichici favorendo ad esempio alla produzione di serotonina e contribuendo così alla regolazione dell’omeostasi in generale.

Non a caso molti studi di psicologia e psichiatria hanno da tempo illustrato la diversa risposta individuale nella visione di determinati colori. Chi utilizza la luce monocromatica in questo campo è convinto che anche la visione della luce colorata monocromatica possa influenzare positivamente alcuni disordini comportamentali, affiancando e facilitando il processo terapeutico!

Un esempio: l’umanizzazione delle cure in ambito ospedaliero

“La salute, come la felicità che spesso ci sfiora in maniera invisibile, è armonia. Una armonia che già i grandi pensatori greci consideravano bipolare, relativa cioè sia al corpo che all’anima dell’individuo.” Così scrive il Professore Umberto Veronesi nel libro L’ombra e la luce. La mia battaglia contro il male.

La ricerca dell’armonia tra forma, spazio, luce e colore è uno degli obiettivi che gli architetti si devono porre quando affrontano il tema delicato e sensibile della progettazione dei luoghi di cura e della salute. Difatti i colori comunicano emozioni e modificano, accentuando, attenuando o trasmettendo, particolari stati d’animo.

L’ospedale non è più un luogo di cura della malattia! L’accento è posto al contrario sulla persona nella sua totalità. In luoghi ospedalieri dove la persona entra in contatto con la sua fragilità e vulnerabilità, è importante impiegare tutti i mezzi necessari per sostenere e facilitare il processo terapeutico. Favorire il benessere psicologico della persona è uno dei mezzi più potenti per raggiungere questo obiettivo.

Non siamo monadi ma persone che nascono, crescono e si muovono in un ambiente che li influenza e che a loro volta viene influenzato in un intrico di feedback infinito (Bateson). Per ambiente si intende non solo quello relazionale, ma anche quello fisico. Insomma dobbiamo riconoscere l’ambiente  come una sorta di supporto protesico da impiegare in ambito terapeutico in tutte le sue potenzialità.

Pensiamo anche solamente ai reparti pediatrici con le loro decorazioni e colori… Un bambino che non è spaventato o innervosito da ciò che lo circonda, ma che invece si sente in un ambiente famigliare e confortevole sarà più predisposto a collaborare con il personale sanitario. Anche senza tirare in ballo i reparti ospedalieri pediatrici, possiamo anche solo ricordare quelle immagini recenti che vedevano operatori sanitaria al lavoro con pazienti affetti da Covid 19 con disegnati smile sulle tute e sulle mascherine. Umanizzare le cure non è un semplice vezzo, ma un aiuto concreto con effetti tangibili. Potendo ottenere questi ultimi anche con reparti ospedalieri colorati perché non dare al colore questa possibilità?